Giulia

“Perché’ la vita è brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia…”. Arianna, dall’altra parte del tavolo scoppia a ridere, poi mi guarda e sgrana gli occhi, «Che cavolo di suoneria hai messo, Giulia? Ti sembra una canzone da scegliere?».
Arianna ce l’ha fatta. Mi ha invitata a fare un brindisi alla sua decisione di separarsi, dopo l’ultimo incontro con l’avvocato Guidi, da cui l’ho convinta ad andare.
Dopo anni e anni di segreteria nello studio legale ho una certa esperienza in storie di separazione e fiducia nel mio capo. Sapevo che in un modo o nell’altro l’avrebbe aiutata.
Ci ha raggiunto anche Martina, ormai libera e felice senza Marco. Sempre pronta a cazzeggiare con noi e lo Spritz.
Sorrido e volgo lo sguardo al cellulare appoggiato sulla sedia vuota, alla mia destra. Lo controllo più volte, perché non mi sembra vero. È lui.
Mi allontano di corsa per rispondere, ho gli occhi addosso e a dirla tutta, mi sento fuori luogo.
«Pronto? Ciao, Giulia, come stai? Sono tornato. Ci vediamo per pranzo al porto turistico, ti va?»
«Francesco! Ciao! Pensavo rientrassi più tardi, sono già qui, con Arianna e Martina».
«Bene, nessun problema. Stiamo insieme. Le tue amiche sono mie amiche e invito anche loro. A tra poco».
Chiudo la conversazione e resto un attimo a fissare il mare. C’è un bel sole, l’orizzonte si mostra nitido, c’è una quiete indisturbata in cui mi immergo, per un attimo.
Mi godo a pieno la brezza che mi accarezza, poi do una sistemata ai capelli scomposti, con le mani e torno al tavolo, sciolta, voglio fare finta che non mi interessi più di tanto. È troppo presto.
Il pranzo scorre piacevolmente, un delizioso Tintilia rosato, accompagna antipasto di crudo, carpacci e frutti di mare.
Siamo seduti, uno di fronte all’altro. Arianna e Martina parlano tra di loro e lasciano spazio alla nostra conoscenza.
Sento più volte l’attenzione di Francesco su di me, a volte ricambio lo sguardo, a volte no. Percepisco la nostra curiosità reciproca e il piacere della scoperta dell’altro, che da un sapore speciale ad ogni cosa. Mi alzo spesso per andare a fumare, lui mi segue ogni volta, cosi facciamo due chiacchiere, da soli.
Parole semplici, tra noi, miste a un dolce imbarazzo. Tiro la sigaretta, mi guardo intorno, evito i suoi occhi. Lui invece, non fa altro che fissarmi, mi sento a tratti scrutata.
La cosa, devo essere sincera, non mi dispiace, alimenta la mia parte femminile, che tento, troppe volte, di tenere nascosta.
Il pranzo è finito. Amaro e caffè, salutiamo le ragazze e ci dirigiamo a casa mia.
Non sono molto convinta di farlo salire nel mio mondo, ma ogni volta, da un mese a questa parte, da quando è iniziata questa frequentazione, lo lascio decidere, senza troppe obiezioni.
Quel pomeriggio Francesco mi riempie di parole importanti. «Sei troppo bella, voglio stare con te, vedo un futuro con te».
Mi guarda con occhi che sembrano sinceri. «Mi fa piacere sentire quello che dici» rispondo, cercando di moderare le parole, «può sembrarti infantile oppure eccessivo, non so…ma ci frequentiamo da così poco tempo, io preferisco andarci piano». Cerco di trattenermi, di restare con i piedi per terra, dopo la batosta del mese prima, con quello stronzo, con cui ho avuto l’ultima relazione.
Possono capitare tutti a me i cretini? Mi ripeto. È presto e non so se fidarmi. Devo stare attenta, non posso permettermi un’altra delusone.
Pensieri su pensieri frullano nella mente. Passiamo molto tempo a guardarci, occhi negli occhi, senza proferire parole. La mia espressione del viso non riesce a mentirgli. Il mio guardo è felice. Sto bene con lui.
Cerco di continuo qualcosa che confermi i miei dubbi, al punto da assentarmi e non assaporare il momento, ma non trovo alcuna conferma. Mi sembra tutto in regola, nonostante la diffidenza.
Ci sediamo in terrazza. Il mio posto preferito. È qui che mi piace prendermi momenti tutti per me. Amo la mia casa vista mare. Il parquet, le vetrate da cui amo osservare le lucette delle barche, la notte. Stasera posso finalmente condividere. Siamo in due, a cullarci nel mio dondolo dai cuscini morbidi a guardare le stelle. Si fa molto tardi, tra risate e effusioni. Non mi accorgo del tempo che passa.
Sta per andare via, fermi sull’uscio della porta, mi dice «Domani parto. Dobbiamo consegnare una macchina ad un tipo di Modena, che paga molto bene, ma torno presto».
Non ho ben capito che lavoro fa, Francesco. Si occupa di consegnare mezzi di trasporto da una parte all’altra d’Italia, dietro corrispettivo, su ordine di gente facoltosa.
Mi accarezza il viso, sorride, socchiude gli occhi e aggiunge, «abbiamo tante cose da fare insieme». Mi bacia lentamente, con passione, poi va via.
Chiudo la porta di casa, ho una sensazione di peso allo stomaco che mi blocca il respiro. Mi butto sul divano. Accendo la tv, ma non sento i dialoghi, non riesco a seguire.
I ragionamenti contorti e le domande si accavallano.
Ho paura. Tanta. Per fortuna la stanchezza si fa sentire e il sonno prende il sopravvento.
È passato più di un mese da quando ci siamo conosciuti, Francesco è stato impeccabile. Ho saputo che ha parlato di me con tutti. Perfino con la sua ex.
Martina, da amica e psicologa, mi raccomanda tutti i giorni di non esternare il mio lato fragile con una finta rigidità e di evitare di cercare il controllo della situazione a tutti i costi. Di rischiare, dare fiducia, con occhio attento, ma senza pregiudizio.
«E ti pare facile?», le ripeto sempre.
Ma davvero potrebbe essere la volta giusta? Quasi quasi inizio a crederci.
“Bip”, il suono di WhatsApp, di prima mattina, mi sveglia. Allungo il braccio per vedere chi sia. Francesco: «Sono a Bologna e si è rotta la macchina» Secco e lapidario.
«E adesso come fate?» Mi limito a rispondere. Non voglio essere invadente ma neanche scortese. Nessuna risposta.
Va beh avrà il problema da risolvere, mi dico. La mattinata scorre veloce con gli impegni da volontaria. Il suo modo di comunicare, con quel messaggio dal tono scostante, mi ha lasciato una sensazione che non mi convince per niente. Per fortuna, sono occupata a consegnare i farmaci ai diabetici e non ho tempo di pensare alla sua strana assenza.
All’ora di pranzo i dubbi si fanno più incessanti e mi chiedo che fine abbia fatto.
Che cavolo almeno un messaggio poteva mandarlo. Inizio a perdere la calma.
Le due, le tre, le quattro, niente. Sparito.
Prendo in mano il telefono. Sono tentata, di scrivergli. Poi lo riappoggio sul tavolo. Cosi per varie volte. Infine, decido e compongo il numero.
Tu, tu, tu, non risponde. Il battito cardiaco, aumenta. Al quinto squillo, un flebile «Si, pronto?»
«Ma che fine hai fatto? Ma ti sembra normale? Sei scomparso. Mi sono preoccupata».
Il tono è piuttosto alterato, anche se mi sforzo di camuffarlo. Lui resta in silenzio, neanche una parola per una decina di secondi, poi «dai, ci sentiamo stasera e ne parliamo».
Metto giù. Non mi chiamerà, penso, lo sento.
La giornata prosegue senza senso. Il sentore di qualcosa di spiacevole, mi pressa, lo percepisco addosso. Verso le 23,00, il led del telefono lampeggia. È un suo messaggio : Non ti chiamo e non ti chiamerò. Mi dispiace aver creato un’aspettativa. Mi sono reso conto di non essere pronto per una storia impegnativa. Tu non c’entri nulla. È stato un mio errore di valutazione.
La mia immaginazione partorisce presto la sua idea. Lo vedo, in compagnia di un’altra donna, in un locale, nei pressi di Piazza Maggiore, a ridere e a bere cocktails.
Sguardo languido e stesse espressioni romantiche, da perfetto principe azzurro, usate con me! «Che grandissimo stronzo», mi dico.
Avevo inteso sin dal primo messaggio il suo allontanamento. Era stato tutto perfetto, fino alla sua partenza. Se proprio devo dirla tutta, pensandoci bene, avevo percepito sin da subito una separazione delle due vite di Francesco. Quella a casa, al sicuro, e quella a lavoro, in viaggio, in libertà.
Una morsa mi stringe il cuore. Una pugnalata. Resto con il telefono in mano a fissare lo schermo. Non ci credo! Un altro superficiale, codardo.
Lo sapevo che sbagliavo a fidarmi, che stupida! Sono stata una debole. Non dovevo lasciarmi andare così facilmente.
Sbatto i pugni sul tavolino di vetro, seduta sul bordo del divano. Sono incazzata nera, con me stessa!
Mi avvicino alla finestra, appoggio i gomiti sul davanzale, la testa tra le mani.
Guardo fuori. Il mare è calmo, il mio animo in tempesta.
Dai miei occhi le lacrime, mi abbandono in uno sfogo incontrollabile, incredula, sgomenta.
Grazie, perché hai avuto il coraggio di affrontarmi di persona. Grazie, per la presa per il culo. Complimenti.
Mi hai fregata, anche tu.