Prima di amare te, amo me

Ore 7.00 in punto. Mi sveglio di soprassalto con gli occhi spalancati e resto dieci secondi a guardare il soffitto. Una scena che si ripete ogni giorno da quando il Covid è diventato parte integrante della mia vita.
Ancora nel letto, con la bocca impastata e lo stomaco chiuso, gli occhi pesanti per il sonno perso in quelle notti di tensione, accendo il tablet, presa dal desiderio compulsivo di leggere le ultime news.
Penso a ieri. Al mio ennesimo commento alle notizie, la mia amica Chiara mi ha fatto notare: -Martina, ma tu hai l’information Overload addiction. –
Digito: “Information overload addiction”.
“Dipendenza con caratteristiche ossessivo-compulsive che costringe la persona a navigare sul web e ricercare una mole ingente di informazioni”.
-Oh Signore, Ma è quello che ho io! – esclamo in una risata isterica. La cosa appare tragicomica.
Per non farmi mancare nulla, non ero più solo una love addicted ma anche una information overload addicted.
– Melius abundare quam deficere, soprattutto in tempi di crisi -, mi dico.
Confermata la diagnosi inizio a leggere. “8 marzo 2020. Fuga da Milano: stazione presa d’assalto.”
Vado avanti; “Coronavirus, il dramma: dopo aver salutato i figli in videochiamata, muore.” Il giornaliero, consueto magone misto ad agitazione fa capolino.
Terza notizia. “Usate il periodo di isolamento per selezionare i vostri rapporti”.
Mi fermo. Fotografo la mia esistenza. È una vita piena di tutto e di niente. La quarantena spalanca le porte ad un interessante intimità. Quella con me stessa.
Mi guardo allo specchio di fronte al letto con l’espressione un po’ triste, faccio un sospiro, poi esclamo -Marti, da oggi non sarai mai più sola, hai incontrato te stessa! –
Il virus mi ha insegnato l’amore autentico verso di sé.
Chiudo tutto e vado a farmi un caffè.